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Sull’aereo per Rio!

Pubblicato: 14 settembre 2011 in Portogallo, Spostamenti!

Giorno 42 – ore 12:30 (fuso brasiliano)

Ora sono sull’aereo per Rio de Janeiro e mi aspettano altre cinque ore di volo. Guardo fuori dal finestrino e la vista è bellissima. Oceano blu e bianche nuvole. Sono decisamente di buon’umore: dieci ore su un aereo posson sembrare tante, ma non lo sono affatto: non mi preoccupano e non mi pesano. Dieci ore sono tante quando si vive sotto l’implacabile giurisdizione del frenetismo quotidiano, ma a me nulla corre dietro, nulla mi fa fretta. E il tempo ha assunto differenti valenze da quelle che aveva prima della mia partenza. *Fine divagamento da riflessione aerea*

Il motivo della temporanea interruzione di aggiornamento del blog è che mi ero accasato a Lisbona. Non accasato accasato, solo temporaneamente. Ho fatto una decina di giorni di vita da sedentario quasi routinaria, al posto di quella da nomade itinerante.
L’unica differenza da quando ero a Bologna è che ero a nella capitale del Portogallo e non nel capoluogo dell’Emilia-Romagna. E che ero ospitato da due fratelli e una sorella, tutti giovani e delle gran persone. E che nel loro appartamento ospitavano un sacco di gente. Precisamente, nel giro di dieci giorni, undici tedeschi, tre italiani, una neozelandese, un’australiana, una finlandese, una polacca, due croate e un malesiano. Un sacco di gente.
A pensarci bene, non è proprio come quando ero a Bologna! Però dopo qualche giorno fermo nello stesso posto mi abituo in fretta alla situazione e, per quanto sia stato bene in quella casa, non avevo la spinta del fascino della novità.
Ripeto, stavo molto bene, ma non sentivo la “pulsione” di raccontare.
Lisbona è una bella città ma in quanto metropoli, per via della grande e veloce espansione, ha perso le peculiarità culturali del paese che riescono a mantenere città più piccole. Mi ricordava un pò Roma in certi punti, in altri Madrid. E’ quello il brutto delle grandi città, si assomigliano un pò tutte. Per lo meno in Europa.
Ma non fatevi un’idea sbagliata, Lisbona è una bella città, dico solo che appare “meno portoghese” di altre.
Le cose successe in tutte questi giorni sono tante e non posso raccontarle tutte, ma elencherò solo quelle che mi sono piaciute di più:
– far baldoria ogni notte fino alle due, nell’atmosfera cosmopolita che quella casa poteva offrire;
– la torre di Belèm, una torre che sembra uscita da una fiaba medievale, bagnata su un lato dal fiume Tejo. E’ davvero un bel monumento e doveva esserlo ancora di più tempo addietro quando, con lo scopo di difendere il porto di Lisbona, si ergeva imponente sul fiume, bagnata dall’acqua da tutti i lati;
– il caratteristico tram 28 a corrente: oltre a essere uno dei simboli della città, è anche divertente farci un giro. Ma non alla classica maniera, pagando e sedendosi, bensì stando fuori tenendosi aggrappati alla porta e godendosi il tour, rinfrescati dalla brezza del vento;
– il paese di Sintra: si raggiunge in poco più di mezz’ora di treno dal centro di Lisbona ed accoglie, a mio parere, la meta più bella di Lisbona e dintorni: la “Quinta da Regaleira”. La Quinta da Regaleira è una tenuta dotata di parco, laghetti e grotte. Detta con semplici parole non sembra presentare nulla di così interessante, ma è un posto veramente peculiare. Il palazzo, finemente scolpito, è ricco di raffigurazioni cariche di simbolismo, esoterismo e mitologia.
Il giardino, più curato in basso e più selvaggio man mano che ci si addentra, è così suggestivo che fa dimenticare di essere vicini ad un paese moderno. Sembra di essere all’interno di un film Disney. E l’atmosfera fiabesca si fa più intensa quando si giunge a delle grotte che si insinuano nella montagna. Sono buie e ciò suscita domande su cosa si possa nascondere all’interno. Ma facendosi coraggio e percorrendo i rozzi cunicoli, si intravede dopo qualche decina di metri uno spiraglio di luce. Si aumenta il passo e ci si ritrova, nel mezzo del colle, nel fondo di un pozzo che si innalza di 30 metri, fino a raggiungere la superficie. Una scala a chiocciola permette di risalirlo ma, a metà della scalata, un’altro percorso si insinua nella roccia e non si riesce a vincere la curiosità di sapere dove porta. E nella costante esplorazione si continuano a trovare nuovi percorsi che portano a punti differenti del parco. Ma avendoli raggiunti tramite buie cave ed avendo perso totalmente la cognizione spaziale non si ha la minima idea di dove ci si trovi, rendendo il tutto magico e misterioso.

Penso che la principale spinta dell’esploratore sia l’ignoto. Un ignoto che lo eccita e lo spaventa allo stesso tempo. Ma non è paura e eccitamento di quello che pensa di trovare, bensì tutto il contrario. Il timore e il fervore di quello che NON SA di trovare. E’ un pò come il diverso, “l’alieno”, che suscita spavento nell’uomo, ma allo stesso tempo una forte attrazione. E spesso il “diverso” è tale solo perchè nuovo e non conosciuto.
Ci si rapporta col mondo esterno, animato o inanimato che sia, in base alle conoscenze che si possiede già, e quando si incontra qualcosa di non conosciuto, che non si riesce a rapportare alle passate esperienze o che non risponde ai soliti canoni, è in quel momento che divampa la sensazione che sto cercando di spiegare.
E ora la sto provando, simile a quella di quarantadue giorni fa, quando mi son chiuso la porta di casa alle spalle non avendo la minima idea di cosa sarebbe successo in quella giornata, in quella settimana e in quelle a seguire.

A capital do norte.

Pubblicato: 29 agosto 2011 in Portogallo
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E’ cinque giorni che sono a Porto e fra poco parto per andare a Lisbona.
Son felice di muovermi: sia perchè sento proprio la voglia di cambiare aria e vedere cose nuove, sia perchè sono curioso di esplorare la capitale del Portogallo, sia perchè Porto ha qualcosa che mi infastidisce.
Ma non saprei dire cosa sinceramente: la città è bella, la casa della donna che mi ospita anche. Potrebbe essere il fatto che questa città è costruita su un dislivello, quindi alla fine di ogni via ci si ferma col fiatone per via della salita al 45% di pendenza? Potrebbe essere il fatto che in questa casa non si usa sale, nè tantomeno si beve durante i pasti? O che la pargoletta grida per buona parte delle sue ore di veglia?
Sinceramente non saprei se queste piccole cose possono essere la causa, forse l’insieme del tutto.
Eppure Porto è pittoresca, ricca di molte peculiarità portoghesi.
Ho trovato particolare il fatto che da una via principale, svoltando per qualche viottolo pedonale che si insinua tra le strutture, sembra di entrare in un altro paese: dalle macchine, dai turisti e dalla polizia si passa ai bambini che gridano e corrono, alle vecchie che fanno il bucato, a qualche losca figura che vende droga. Il tutto a distanza di venti metri. Separati semplicemente da qualche muro.
Anche nei pressi del fiume Douro, che attraversa la città prima di sfociare nell’Atlantico, si può godere di qualche piacevole vista. Aspettando un autobus ho visto un tramonto bellissimo, con la luce che si rifletteva sulla superficie dell’acqua e rimbalzava a colorare tutto ciò che c’era attorno.
Porto viene chiamata “a capital do norte”, ma ora di capitale voglio vedere quella vera.

Magic Rainbow.

Pubblicato: 24 agosto 2011 in Portogallo
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Giorno 21

E’ otto giorni che son sui monti del Portogallo, sulla Serra da Cabreira.
Sono arrivato qua perchè me ne aveva parlato Gelia durante il microcosmico-pullman per Barcellona. Mi aveva parlato di un evento chiamato “Rainbow”. E ho deciso di venirci.
E’ difficile spiegare cosa ci sia qua, davvero fatico a trovare le parole e soprattutto non so da dove iniziare. E per questo racconterò il tutto come se fosse una favola, ma che favola non è.

C’era una volta un ragazzo che, già in viaggio per la penisola iberica, venne a sapere che un grande gruppo di persone, accomunate da ideali di amore, pace e fratellanza si trovava sui monti del Portogallo del Nord per passare un mese immerso nella natura e nella bontà. Si sarebbe potuto banalizzare il tutto chiamandoli “hippie delle montagne”, ma sarebbe stata una visione semplicistica e oltremodo fuorviante. E quando il vagabondo giunse in questo luogo, ne rimase affascinato.
Era un posto nel quale quando arrivavi le persone ti accoglievano dicendo “welcome home”, con un sorriso che non poteva non metterti felicità.
Era un posto nel quale anche se non conoscevi nessuno venivi trattato come il più caro degli amici e venivi chiamato fratello.
Era un posto nel quale si mangiava sempre assieme, attorno a un grande fuoco centrale o a fuochi minori.
Era un posto nel quale dopo aver mangiato si ballava, suonava e cantava tutti assieme, centinaia di persone.
Era un posto nel quale nessuno comandava.
Era un posto nel quale tutto era condiviso, non c’era egoismo e possessività.
Era un posto nel quale si poteva girare nudi stando a proprio agio, in contatto con la propria natura, la natura esteriore e gli altri.
Era un posto nel quale si poteva conoscere gente da tutto il mondo, ma senza sentirsi stranieri.
Era un posto nel quale ognuno dava felicemente qualcosa agli altri.
Era un posto nel quale ondate di euforia dilagavano tra i corpi.

Come in tutte le favole, non tutto è perfetto e non ci sono solo cose belle: anche crudeli orchi e malvagie streghe ne fanno parte.
Ma quando si sente la parola “favola” vengon destate solo piacevoli sensazioni. E per me questo posto è tale.

In Portogallo!

Pubblicato: 22 agosto 2011 in Portogallo

Giorno 11 – Km 2250

Alle cinque del pomeriggio son sul confine col Portogallo a Villa Formosa. Il camionista è gentile e il viaggio è divertente, soprattutto le due soste durante le quali ci facciamo il caffè e il pranzo con il fornellino di bordo! E’ anche bello vedere il panorama che offre la spagna centrale: immense distese di zone desertiche, arricchite da un cielo azzurrissimo macchiato da morbide nuvole bianche.
A Villa Formosa chiedo per due ore un passaggio per Aveiro, ma i Portoghesi son diffidenti come gli italiani e nessuno si ferma.
Alle sette e mezza vado rassegnato nell’area camion e in cinque minuti trovo un passaggio per Porto.
Aspetto un pò perchè stan cambiano la ruota di un rimorchio poi partiamo in tre, anche se non è proprio legale. Io sto sul letto per tre quarti del viaggio, fino a che il secondo passeggero non scende. Ne approfitto per farmi una bella dormitina visto che ne ho bisogno. Alla fine non mi faccio scaricare a Porto, bensì a Vila do Conde. E’ un paesino più piccolo; più tranquillo di Porto stando alle parole del guidatore.
Arrivato mi concedo un girettino notturno di due ore, durante le quali faccio anche caso a possibili ostelli, ma son tutti occupati. Mi fermo a guardare delle carine case ceramicate e il porto, che tra luci e foschia costituisce una bella vista.
Quando sono le due, non avendo trovato nessun tetto a offrimi protezione, mi sistemo fuori da un tribunale e preparo il mio giaciglio, sperando che sia la legge a proteggermi. E così fa.

Giorno 12 – Km 2520

Alle cinque mi sveglio e sta piovendo. Ma io sono asciutto. Guardo in alto e vedo sopra di me una piccola tettoia. Sorrido, mi rannicchio per un pò di freddo, richiudo gli occhi e mi riaddormento felice.